Quando si decide di andare a visitare questa terra, “origine del sole” (è questa l’etimologia del suo nome), le migliori guide turistiche, si affrettano a sottolineare come il popolo giapponese sia molto educato e pudico. Quanti formalismi è necessario osservare per godersi un po’ della tranquillità di quei meravigliosi giardini giapponesi, o meglio ancora di quelle Onsen, stazioni termali, che sembrano arieggiare solo nelle nostre fantasie fiabesche. Qui le regole sono ben definite e imprescindibili: il silenzio, la discrezione, e la lentezza dei movimenti per non disturbare l’altro. È il rispetto di una vita civile. Eppure, al di sotto di questo perbenismo, sognato da noi occidentali (regrediti spesso, a comportamenti “cavernicoli” e solitari, dimenticandoci della collettività), si svela un mondo sommerso. Un mondo dove l’imperativo è l’opposto di questo regno del profondo rispetto umano: la trasgressione più estrema; è così che sotto tale intima e profonda rivoluzione, il rovescio della medaglia giapponese, la ricerca della trasgressione che fa del Giappone una delle maggiori industrie pornografiche del mondo, sforna senza sosta film e manga porno assoggettati ad un ordine di inaudita violenza e forte sadomasochismo. Il regista Nasima Oshima, spento all’età di ottant’anni, ha scandalizzato più di ogni altro i suoi connazionali. Con i suoi film perversi, quasi dissacratori, ha voluto risvegliare “a colpi di frusta” l’intera società giapponese, che egli riteneva “addomesticata e colonizzata dagli americani dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Con la realizzazione dell’impero dei sensi riuscì a portare la società giapponese a fare i conti con un fenomeno ed una cultura puntata verso l’esorcizzazione di una intimità rivoluzionaria che intendeva rilanciare al di fuori e al di sopra di tutti i valori sacri del Sol Levante in una dialettica eros tanatos che avrebbe conosciuto con lui una sublimazione senza precedenti. Forse viveva in bilico tra i due mondi, così vicini “fisicamente” e così moralmente lontani. Il “mondo di sotto” quello del sesso, folle, quasi psicopatico, un business irrefrenabile ed egoista, che approfitta dell’indifferenza intima nella coppia, per proporre fugaci esperienze sessuali a pagamento; tutto, mentre, nel “mondo di sopra”, una rigida convenzione proibisce in modo assoluto l’esibizione dell’organo sessuale maschile, o l’esposizione di peli pubici femminili. Una dimensione quest’ultima che non finisce solo all’interno di sale di proiezione buie e nascoste, ma si consuma tra una fanciullezza acerba , ancora in crescita. Ed ecco il fenomeno della prostituzione minorile, una piaga che dilaga,nell’indifferenza generale con “piccole donne” ancora al liceo, o nel peggiore dei casi, bambine inconsapevoli delle scuole medie, che vendono il loro candido e smaliziato corpo solo per sentirsi più grandi in abiti griffati. “Grazie” a questo “enjokousai” avvengono incontri con adulti e regalo finale. La mutandina della minorenne diviene un oggetto del desiderio molto ambito, un trofeo da esibire, da parte di questi uomini-padroni. Padroni di un mondo malato incapace di fermare la deriva della disperazione sensuale. Questa morbosità e frenetica attività sessuale, mercenaria, regge comunque l’industria pornografica giapponese, con cifre da capogiro: 100 miliardi di dollari l’anno. Un giro di soldi che tra “padrone e servitù” fa gola e rende prospera anche la jakuza, la mafia giapponese. Basti pensare che ogni anno, ad esempio, in un quartiere di Tokio, Gifui, almeno un milione di uomini chiedono sesso a pagamento; attrici porno che guadagnano circa 250 euro all’ora. In questo mercato a luci rosse, non sembra esserci alcuna crisi. Quali considerazioni fare rispetto a questa cupio dissolvi di intere generazioni alle prese con ancestrali prove di sopravvivenza? Prevale e vince giorno dopo giorno con la ricerca dell’oblio della piccola morte la voglia di arrivare pronti, sazi, al grande appuntamento dell’addio alla vita terrena, un qualcosa che nella filosofia sociale giapponese resta ancora fortemente radicato in una società severa e senza rimorsi dove dare costantemente vita alla propria bramosia di esistere e resistere.
F.C.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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